Il reato di sostituzione di persona sui social network

30 Mag 2024 | In evidenza, Notizie

Si legge spesso di profili fake sui social network o della creazione di account riportanti alcuni dati falsi o di altre persone: vi siete mai chiesti se tale comportamento integra un reato? Quando la creazione di un falso profilo virtuale integra il reato di sostituzione di persona?

Il dirompente utilizzo dei social network, anche da parte dei giovanissimi, ha sottoposto all’attenzione dei tecnici del diritto nuove tematiche in continua evoluzione ed espansione grazie all’uso, sempre più frequente, delle piattaforme virtuali che da luoghi di scambio culturale e condivisione di interessi, sono divenuti ambiti preferenziali per la conclusione di contratti e transazioni.

Secondo alcune stime, le identità che proliferano sui social network per almeno un terzo sono false. Il dato è preoccupante, se si pensi che gli autori di tali condotte immettono nella rete profili recanti dati identificativi appartenenti a persone reali, più o meno note. Si parla, così, di furto o di clonazione d’identità (criminal identity o identity cloning) perpetrato da chi assuma, illegalmente, le generalità di un altro soggetto, anche defunto (ghosting), di creazione di un’identità fantasiosa oppure, infine, di synthetic identity theft (identità nata dalla commistione tra dati reali e dati inesistenti).

L’assenza di una fattispecie normativa prettamente dedicata al “furto d’identità” ha orientato gli studiosi ad abbracciare la tesi volta a plasmare le previsioni già esistenti sulle specifiche vicende processuali. Ecco che si ricorre all’art. 494 c.p. titolato “Sostituzione di persona”, che punisce la condotta di chi “al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”, ciò solo ove il fatto non costituisca un altro delitto contro la fede pubblica.

Affinché la condotta sia punibile penalmente, l’autore deve indurre taluno in errore sostituendo illegittimamente la propria persona a quella altrui, o attribuendosene i requisiti, quali il nome, lo stato o altre qualità a cui la legge collochi specifici effetti giuridici. È necessario, tuttavia, rapportarsi alla peculiare realtà del web, laddove l’espressione “sostituzione di persona”, assume ambiti di incerto confine.

E così, ad esempio, integra l’illecito in esame: l’auto conferimento di una foto o di un video che ritraggano un altro soggetto; la creazione di un indirizzo e-mail fornendo false generalità (sul punto si è espressa la Corte di Cassazione, sez. III pen., con la sentenza del 3 aprile 2012 n. 12479: “perpetra il reato di sostituzione di persona colui che crei un account di posta elettronica attribuendosi falsamente le generalità di un altro soggetto, inducendo in errore gli utenti della rete nei cui confronti le generalità contraffatte siano declinate, allo scopo di procurare danno al soggetto le cui generalità siano invece state abusivamente spese”); l’attribuzione di un falso nome di persona immaginaria (Cassazione pen. Sez. II, sent. n. 4250/2012); l’utilizzo di nicknames altrui o l’attribuzione ad altri di falsi nickname (Cassazione pen., Sez. V, sent. n. 18826/2013).

Pertanto, occorre garantire all’utente della rete la tutela dei propri diritti, esigenza recepita dalla “Dichiarazione dei diritti in internet”, documento risalente al 2015 e reso pubblico dall’allora presidente della Camera Laura Boldrini. Si tratta di un primo passo verso una vera e propria legislazione del web.